L'Insigne Collegiata di Santa Maria in Provenzano è intitolata al mistero della Visitazione della Beata Vergine Maria a Santa Elisabetta ed è il Santuario nel quale si conserva l'immagine della Madonna di Provenzano, venerata sotto il titolo di Advocata nostra e in onore della quale ogni anno, il 2 luglio, si corre il celebre Palio.
In stile manierista, è uno dei primi edifici costruiti a Siena all'indomani del Concilio di Trento. L'impianto liturgico e architettonico rispecchiano infatti i moduli richiesti dalla Controriforma.
Sorge nel rione chiamato Provenzano, dal nome del celebre condottiero militare senese del sec. XIII Provenzano Salvani, citato da Dante Alighieri nella Divina Commedia (Purgatorio) al canto XI, 109-142. In quest'area vi erano le case appartenenti alla sua famiglia.
La leggenda che si è tramandata narra che sul muro esterno di una delle case del rione fosse collocata un'immagine in terracotta smaltata raffigurante il tema della Pietà, lì collocata secondo la tradizione popolare da Santa Caterina da Siena.
Nel 1552 accadde che un archibugiere spagnolo, forse per una bravata, tentò di sparare contro l'immagine sacra, ma il suo archibugio scoppiò e, secondo il racconto popolare, finì per uccidere il soldato stesso, lasciando integro il busto della Madonna, distruggendone però le braccia e il resto dell'immagine. La scultura divenne subito un simbolo: fu oggetto di grande venerazione da parte del popolo, inizialmente in riparazione al gesto sacrilego e in seguito perché alla Madonna vennero attribuiti diversi miracoli, riconosciuti nel 1594, chiamato proprio l'"anno dei miracoli". Proprio in quella data, grazie all'approvazione della Santa Sede e delle Magistrature civiche senesi, si decise di costruire un nuovo grande santuario, all'interno del quale si potesse custodire la sacra immagine: i lavori di costruzione iniziarono il 24 ottobre 1595, quando vennero murate le fondamenta.
Ferdinando I de' Medici, Granduca di Toscana, affidò i lavori a Damiano Schifardini, senese, monaco alla Certosa di Firenze che coordinò inizialmente i lavori, realizzando il disegno. Ma, vista anche la lontananza di Schifardini, fu l'architetto Flaminio del Turco ad occuparsi immediatamente dei lavori, assistito anche dal rampollo della Casa granducale Don Giovanni de' Medici per la realizzazione della cupola. I lavori terminarono nel 1604. La chiesa fu dedicata con sacro rito e aperta al culto il 16 ottobre 1611 dall'Arcivescovo di Siena Camillo Borghesi. Il 23 ottobre successivo, con una solenne processione che attraversò tutte le vie di Siena, venne traslata all'interno del nuovo santuario la venerata immagine della Madonna di Provenzano.
Nel 1614, con decreto granducale, venne istituita l'Opera di Santa Maria in Provenzano, presieduta da un Rettore laico, con il compito di amministrare i beni del santuario e provvedere alle necessità di culto.
La grande devozione alla Madonna di Provenzano fece del santuario il vero e proprio cuore della fede cittadina. Nel 1634 Papa Urbano VIII concede al santuario il titolo di "Insigne Collegiata", officiata da un Capitolo di Canonici, presieduto da un Proposto, secondo in dignità solo al Capitolo della Metropolitana. Nel 1656 viene deciso di correre ogni anno un Palio in onore della Madonna di Provenzano il giorno 2 luglio, nell'antico calendario liturgico festa della Visitazione, titolare della Collegiata; tradizione che si è mantenuta fino ai giorni nostri. Oggi l'Insigne Collegiata di Santa Maria in Provenzano, oltre a rimanere importante santuario cittadino, è sede anche dell'omonima Parrocchia, eretta nel 1988 dall'Arcivescovo Mario Ismaele Castellano in seguito alla soppressione delle tre antiche Parrocchie di San Pietro a Ovile, S. Cristoforo e San Donato in San Michele all'Abbadia.
L'edificio ha pianta a croce latina, unica navata con cupola ottagonale con tamburo all'incrocio del transetto, e facciata in travertino tripartita da lesene, divisa in due piani da un cornicione molto sporgente e culminante in un timpano centrale e due volute laterali. Al centro, il portale è sormontato da un timpano arcuato e da una finestra rettangolare, mentre ai lati si aprono quattro nicchie con le statue dei santi Ansano, Vittore, Caterina e Bernardino. L'impianto architettonico risponde in tutto ai criteri del manierismo cinquecentesco romano, immediatamente successivi al Concilio di Trento, che aveva dettato precise norme in merito alla costruzione delle chiese e alla disposizione degli arredi sacri.
All'interno sono conservate numerose opere d'arte. Tre dei quattro altari laterali conservano dipinti di notevole valore: il primo di destra è la Messa di San Cerbone di Rutilio Manetti, che riporta un episodio celebre della vita del santo vescovo patrono della chiesa di Populonia (oggi Massa Marittima). Il vescovo Cerbone era stato accusato di celebrare la Messa troppo presto al mattino, e per questo motivo era stato convocato a Roma da papa Vigilio; il Pontefice volle assistere alla messa celebrata dal santo e poté contemplare i cori angelici che apparvero al momento della consacrazione del pane e del vino, tanto da scagionare Cerbone da ogni accusa. L'altare e la tela furono commissionati dal vescovo di Massa Marittima Fabio Piccolomini poco oltre il 1630. Nel primo altare a sinistra si contempla invece la Visione di Santa Caterina del martirio di San Lorenzo di Dionisio Montorselli (1653-1712 circa), collocato in Provenzano nel 1685 e proveniente dalla demolita chiesa senese di San Lorenzo. L'altare fu commissionato da Ippolito Borghesi, vescovo di Montalcino. Il secondo altare laterale di destra, sul fondo del transetto, conserva una tela raffigurante Santa Caterina da Siena e Santa Caterina d'Alessandria di Francesco Rustici, detto il Rustichino, con al centro l'Annunciazione di Giandomenico Manenti. L'altare era di pertinenza della famiglia Venturi. Il secondo altare di sinistra (altare Petrucci),sul fondo del transetto sinistro, conserva un monumentale crocifisso ligneo del XIX secolo, accompagnato dalle statue dei tre dolenti.
I pennacchi della cupola furono affrescati a partire dagli inizi del Settecento e raffigurano i quattro santi Patroni di Siena: Ansano, Savino, Crescenzio e Vittore. Fra gli artisti che hanno provveduto a realizzare gli affreschi spicca Giuseppe Nicola Nasini, che nel 1715 realizzò il pennacchio di Sant'Ansano. Interessanti anche lungo le pareti le tele monocrome raffiguranti il Sogno di san Giovanni Evangelista e la Messa di san Gregorio Magno, opere seicentesche di Bernardino Mei e Deifebo Burbarini. Sempre lungo le pareti della navata centrale si possono ammirare quattro grandi tele ottocentesche opera dei pittori puristi Luigi Boschi e Giovanni Bruni, raffiguranti episodi della vita della Vergine: la Natività di Maria, la Visitazione, la Presentazione di Gesù al Tempio e l'Incoronazione. Nei transetti destro e sinistro si possono ammirare anche le moderne tele del pittore Francesco Mori (Siena, 1975), realizzate nel 2013 e raffiguranti rispettivamente San Bernardo Tolomei e la Beata Savina Petrilli, santi senesi che hanno vissuto nel territorio della Parrocchia di San Maria in Provenzano.
Degna di nota è la decorazione in marmi policromi del pavimento sotto la cupola, raffigurante al centro i blasoni dei Granduchi di Toscana Cosimo III de' Medici e Margherita Luisa d'Orléans, affiancati dagli stemmi dello Stato senese e dello Stato fiorentino e circondati in senso orario da quelli delle città sedi vescovili presenti nel territorio dell'antica Repubblica di Siena: Grosseto, Sovana, Pienza, Montalcino, Massa Marittima e Chiusi.
L'altare maggiore è opera di Flaminio del Turco, ed è stato realizzato nell'arco di ventiquattro anni, tra il 1617 ed il 1631. Esso ospita in alto al centro l busto quattrocentesco in terracotta della Madonna di Provenzano, circondato da una gloria di angeli in argento di Giovan Battista Querci. Sempre in argento, ai piedi del simulacro della Madonna sono state realizzate le statue di Santa Caterina e San Bernardino. Sopra all'altare maggiore, nell'abside alta, è esposto un preziosissimo drappo di velluto rosso, ricamato a filo oro, riportante le insegne di papa Alessandro VII, morto nel 1667 e ultimo dei papi senesi. Nella sagrestia, ornata di un complesso ligneo seicentesco, è il Compianto sul Cristo morto di Alessandro Casolani, una Madonna ad affresco di scuola senese del trecento, detta Madonna della staffa, e un dipinto cinquecentesco rappresentante la Processione per la traslazione della Madonna all'interno del Santuario (1611), interessante testimonianza topografica della città di allora.
All'interno della navata sono esposte due bandiere: quella in abside in alto a sinistra venne presa ai Turchi dal cavaliere senese Paolo Amerighi durante la battaglia di Vienna del 1683, quella nella controfacciata, in alto a sinistra dell'ingresso, che riporta lo stemma dei Medici al centro, era il vessillo militare delle truppe granducali issato sulla Fortezza medicea, portato come segno di devozione alla Madonna dopo la smilitarizzazione della città al tempo del Granduca Pietro Leopoldo.
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