Il palazzo Della Rovere, detto anche Palazzo Santa Chiara, è un grande edificio storico che si trova nel centro medievale di Savona, tra la Cattedrale di Maria Assunta e l'arteria principale della viabilità cittadina dell'epoca, che era via Pia.
Giuliano Della Rovere, ancora cardinale quando dovette lasciare Roma a causa dell'elezione al Soglio Pontificio del papa della famiglia Borgia, Alessandro VI, suo avversario, si rifugiò a Savona.
Credendo di prolungare questo esilio, forse di rimanervi per tutta la vita, intendeva allora ricostruire il regime di vita mantenuto a Roma realizzando ad uso personale una magnificenza principesca di tipo centroitaliana.
Per questo motivo acquistava sin dal 1494 il palazzo di San Tomaso, un edificio medioevale che era stato precedentemente ristrutturato nel 1368.
Al suo seguito Giuliano Della Rovere si era portato Giuliano da Sangallo, che rimase con continuità a Savona dal 1495 al 1497 (se si esclude una sola uscita in Francia, naturalmente al seguito del committente).
Savona, come luogo, era agli antipodi della magnificenza rinascimentale centroitaliana; il suo tessuto edilizio-architettonico era assimilabile a quello medioevale ligure, affine a quello genovese; e di Genova era una concorrente.
La città manteneva una conformazione medioevale, con un tessuto urbano deciso dai confini di famiglia o clan nobiliare, con le alte case, le numerose torri e le strette strade dominate dalle consorterie locali e con l'abitato rivolto al mare a valorizzare il suo porto, spesso in rivalità con Genova.
I Della Rovere iniziarono a variare tale assetto in senso rinascimentale, con lo zio di Giuliano: Francesco della Rovere (papa Sisto IV) ed erano soliti inserire le loro architetture in maniera indipendente dal contesto locale, dominante ma tuttavia avulsa e indifferente dal contesto.
Sisto IV aveva rinnovato in Savona il convento di San Francesco dove era stato allevato. Aveva qui riedificato il primo e il secondo chiostro che planimetricamente si collocavano in asse alla cappella dedicata ai suoi genitori. Questo costituiva il precedente del futuro intento del nipote Giulio II di creare per sé una tomba grandiosa, pur nella maggiore dimensione della sua tomba michelangiolesca progettata per San Pietro, in asse tra la costruenda cupola e il sepolcro di San Pietro.
La cappella di Sisto IV, pur ristrutturata nel 1761-1764, mantiene ancora la pianta rettangolare con la scarsella quadrata. L'aula principale ha una volta lunettata nascosta dal falso soffitto di tipo genovese, vale a dire intonacato sul supporto di canniccio; la scarsella era coperta da una cupola emisferica (ricostruita nel Settecento) ed era sede della tomba dei genitori di Sisto IV. Nel 1481 essa risulta terminata per la parte muraria, per cui inizia il rivestimento decorativo.
Il rivestimento di ornato è realizzato dagli scalpellini lombardi (dell’area ticinese, secondo un’ininterrotta consuetudine) Giovanni e Michele D’Aria, incaricati di eseguire portale e tomba seguendo un disegno eseguito e portato da Roma.
La tomba richiama quella scolpita da Andrea Bregno per il cardinale Pietro Riario nella chiesa dei Santi Apostoli a Roma, sempre in un rapporto di emulazione familiare.
Il ritorno di Giuliano Della Rovere a Savona, sostituendo quelle dello zio con le più enfatiche architetture di Giuliano da Sangallo, fa impallidire la memoria lasciata a Savona dal precedente pontefice di famiglia.
Giuliano intendeva costruire una corte sul tipo di quelle dei signori dell’Italia centrale; lo spazio della città medioevale, il fittissimo tessuto di vicoli e case alte, doveva essere aperto per dare spazio alla nuova reggia.
Pertanto dal 1495 era avviata l’operazione con un’ampia acquisizione di terreni e case. L'area del nuovo palazzo includeva quelle appartenenti alla famiglia, con fra le altre quella di Sisto IV presso il convento di San Francesco. Nel caso la scelta era quindi dettata da richiami “dinastici”, modellandosi sui palazzi cardinalizi di Roma sorti presso la chiesa del cardinale titolare.
L’area del palazzo veniva così a svilupparsi partendo dal convento di Sisto IV per una profondità di 70 metri sino ad affacciarsi alla via dei Nattoni (odierna via Pia, allora la più importante della città, sulla quale si affacciavano le principali consorterie savonesi con i loro palazzi).
Giuliano da Sangallo inizia a costruire una facciata ad ordini sovrapposti; al piano terreno pone le sue paraste doriche in marmo bianco a spiccare sul fondo del paramento liscio della pietra nera a riquadri. Per essa recupera il bicromatismo del bianco e nero, tradizionale dell'architettura genovese, ma allo stesso tempo riferendolo al bicromatismo del bianco e verde toscano, ripreso dalla chiesa di Santa Maria delle Carceri di Prato, eseguita da Giuliano da Sangallo per Lorenzo de’ Medici.
Nel maggio 1496 Matteo dei Gaggini di Bissone realizza la facciata del palazzo Della Rovere sino al primo ordine.
Si tratta della facciata tuttora in situ, presente nell'alzato sino al primo ordine. Non è un'opera completa, a causa dell’interruzione dei lavori. Per questa interruzione, dovuta alla partenza di Giuliano per Roma dove sarebbe divenuto pontefice, è difficile comprenderne il disegno progettuale iniziale.
Poiché al primo ordine manca la cornice, tra i vari studiosi dell'opera, Fiore ha supposto che nel progetto fosse prevista qui una balconata sotto le finestre del piano nobile.
In ultimo il palazzo non fu realizzato come doveva essere nelle idee del proprietario. Esso venne bruscamente interrotto quando, mutate le parti politiche dominanti a Roma, Giuliano recuperò con successo la città Eterna salendo al soglio pontificio come papa Giulio II.
Il ritorno a Roma di Giuliano determinò la fine dell’esperimento rinascimentale savonese, comportò un nuovo disinteresse per la città di provincia.
Divenuto pontefice come Giulio II il palazzo savonese venne trascurato, l’ampliamento non procedette, gli acquisti di terreni si fermarono, e la appena iniziata corte cardinalizio-signorile venne a poco a poco riassorbita nel fitto tessuto medioevale.
Il palazzo, terminato nel Cinquecento in una misiura di molto limitata rispetto al progetto iniziale, con due ulteriori ordini, l’ultimo a inquadrare una loggia ad archi. Questi ordini aulici restano però come isolati, neppure del tutto ultimati, con colonne che rimangono come isolate.
Il palazzo venne trasformato nel 1871 con l’apertura di botteghe al piano terra, deturpazione questa almeno eliminata nei recenti restauri.
È pertanto difficile ricostruire il cortile e la facciata originaria prevista su via dei Nattoni (via Pia), che il progetto pretendeva enorme, sviluppata per nove campate.
Oggi ne resta un vestibolo d’ingresso con volta a botte eseguita a getto, decorata con gli stessi tondi, “all’antica”, sperimentati dal Sangallo per la sua casa a Firenze e poi da lui replicati nella villa medicea di Poggio a Caiano. Simile a questa è la volta a botte di un minore ambiente al piano terreno sul lato opposto, che si può pensare fosse una cappella. Esso si trova quasi di fronte al punto della cappella quattrocentesca di Sisto IV.
Superiormente in questo angolo del palazzo si notano uno stemma posto in chiave di volta, un portale, una più interessante scala a chiocciola che indicano che qui sarebbe dovuto essere l’appartamento privato di Giuliano della Rovere.
Il palazzo, per la presenza di tale ipotetica cappella e per le grandiose dimensioni di cui parla Vasari nella vita di Giuliano da Sangallo, per la grandiosità in cui era stato concepito dal proprietari, voleva essere la risposta al palazzo costruito dal cugino Raffaele Riario iniziato nel 1481 a Roma, palazzo per il quale era stata demolita l’antica chiesa di San Lorenzo in Damaso.
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