Sede del libero Comune, fu edificato in più fasi: la prima (1293-97), corrispondente alla Sala dei Notari, opera di Giacomo di Servadio e di Giovannello di Benvenuto. La seconda (1335-53) fin sopra l’arco di via dei Priori e via della Gabbia. La terza (1443) e le altre (fino al XVIII sec.) lungo il corso. Inglobò diversi edifici preesistenti tra cui due torri, visibili lungo via della Gabbia e corso Vannucci (civico 21). Notevoli l’atrio, la torre campanaria e il portale trecentesco, con le statue dei santi protettori Lorenzo, Ercolano e Costanzo, conservate in originale nella Galleria Nazionale dell’Umbria. Ospitata nei piani superiori del palazzo, è una delle più ricche d’Italia per numero e qualità di opere dal XIII al XIX secolo.
La facciata nord è il risultato di due fasi costruttive distinte: la prima (1293-97) interessa la parte sinistra caratterizzata dalla sequenza di trifore e dall’imponente portale gotico che conduce alla Sala dei Notari; più tarda (1335 ca) la porzione destra, costruita al posto della chiesa di San Severo di piazza, con portico a tre arcate. Fortemente alterato all’interno durante il dominio pontificio, fu ripristinato nelle antiche forme e restaurato dopo il 1861. Del 1902 è la scalinata a ventaglio che sostituisce quella medievale a due rampe.
Sopra il portale sono le copie in bronzo del grifo perugino e del leone guelfo (gli originali, 1271-81, provenienti dalla fontana di Arnolfo di Cambio, sono all’interno del palazzo). Dai mensoloni pendono le catene tolte dai perugini dalle porte di Siena (dopo la battaglia di Torrita nel 1358).
SALA DEI NOTARI - Maestosa sala sostenuta da otto poderosi arconi, in origine sede delle assemblee popolari del libero Comune, dal 1582 sede della potente Arte dei Notai, da cui il nome odierno. Degli affreschi originari del XIII-XIV secolo restano pochi lacerti. La maggior parte risulta ridipinta o integrata da Matteo Tassi (1885) con leggende, favole, storie bibliche, alternate a vari stemmi, tra cui quelli di Capitani del Popolo e Podestà. Sulla parete di fondo è lo stemma di Braccio Fortebracci. Lungo le pareti si allineano stalli e sedili cinquecenteschi. Profondamente alterata durante tre secoli di dominio pontificio, fu restaurata e ripristinata dopo il 1861. Proseguendo la scalinata esterna, nella Sala della Vaccara, è custodito un affresco di Tiberio di Assisi del 1568.
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