La basilica abbaziale di Santa Giustina è un importante luogo di culto cattolico di Padova, situato in Prato della Valle.
Prima del 1000, l'annesso monastero fu luogo di culto da prima dipendenza episcopale e poi fu affidato ad una comunità di monaci benedettini che ne fecero un'importante abbazia. Nel XV secolo fu sede della grande riforma dell'abate Ludovico Barbo che portò alla fondazione della Congregazione cassinese. Sino alle soppressioni napoleoniche fu una della maggiori abbazie della cristianità e la basilica, ricostruita nel XVI secolo, è tuttora uno degli edifici più grandi del mondo. L'intero complesso è proprietà dello Stato italiano. Al suo interno, oltre alle celebri opere di Paolo Veronese, Sebastiano Ricci e della famiglia Corbarelli, si venerano le reliquie insigni dei santi Innocenti, san Luca evangelista, san Mattia apostolo, san Prosdocimo, santa Felicita, san Giuliano, sant'Urio, beato Arnaldo da Limena, san Massimo e della santa titolare, Giustina.
Papa Pio X la elevò col titolo di Basilica minore.
Nel VI secolo, il prefetto del pretorio d'Italia ostrogoto Venanzio Opilione costruì sul luogo della tomba di santa Giustina di Padova, martirizzata nel 304, una basilica di raffinate proporzioni affiancata da un oratorio dedicato a san Prosdocimo e da altri ambienti destinati al culto.
La basilica Opilionea, che intanto fu affiancata da un importante monastero benedettino, crollò in gran parte con il terremoto del 1117. Ricostruita frettolosamente negli anni successivi, incorporando e riutilizzando ciò che restava della precedente costruzione, fu nei secoli seguenti un continuo cantiere, che tra il XIV e il XV secolo si concentrarono sul coro, la sacrestia, la cappella di San Luca. In questo periodo si ricostruì pure in grandiosa maniera il vicino cenobio, con ben 4 chiostri. Fondamentale fu la carismatica presenza dell'abate Ludovico Barbo, che a Santa Giustina fondò la Congregazione cassinese.
A partire dal 1501 si principiò una nuova costruzione sul progetto che dom. Girolamo da Brescia presentò al Capitolo generale nel 1489. Lo scavo e l'erezione delle fondamenta fu un'impresa grandiosa, perché il terreno era "paludoso pieno di fortumi e d'interne voragini". Abbandonato poi il progetto del da Brescia, su invito di Bartolomeo d'Alviano i monaci affidarono i lavori a Sebastiano da Lugano e poi ad Andrea Briosco. Dalla morte di quest'ultimo la fabbrica passò alla responsabilità prima di Andrea Moroni e poi di Andrea da Valle. L'enorme cantiere, tra angherie e vicissitudini, si protrasse per più di un secolo - a Padova ancora si dice te si longo fa a fabbrica de Santa Giustina ovvero "sei molto lento". La basilica fu solennemente consacrata il 14 marzo 1606.
In seguito alle legislazioni ecclesiastiche napoleoniche l'abbazia fu sequestrata ed i monaci allontanati. Più di tre quarti dei beni artistici dei benedettini furono spediti in Francia, altri venduti ed alienati. La pala di San Luca partì per Brera. La basilica cadde inofficiata per due anni, dal 1810 al 1812 sino a quando il vescovo Francesco Scipione Dondi dall'Orologio, per scongiurarne la demolizione, la eresse parrocchia gestita da sacerdoti secolari. Il vicino monastero divenne ospedale militare e poi caserma.
All'inizio del Novecento si accesero movimenti di valorizzazione del complesso, come importante centro spirituale: nel 1909 l'edificio fu elevato a basilica minore da papa Pio X e nello stesso anno fu incoronata solennemente l'icona della Madonna Costantinopolitana.
Nel 1919 alcuni monaci dell'Abbazia di Praglia si prestarono a ricostituire l'Abbazia su approvazione di papa Benedetto XV. I monaci ottennero il permesso dallo Stato Italiano di officiare la basilica, ma solo nel 1923 riuscirono a rioccupare parte del vecchio monastero. Nel 1943 la nuova comunità benedettina elesse, dopo più di un secolo, il suo abate. Nel 1948 il demanio concesse l'uso di altri spazi ai monaci, che avviarono una grossa campagna di ripristino e restauro.
Oggi l'intero enorme complesso è di proprietà statale e su buona parte del monastero insiste ancora l'Esercito Italiano, situazione che grava sulla conservazione delle strutture, degrado che coinvolge pure le strutture della basilica, colpite pure dalle scosse del terremoto del 2012.
L'edificio si innalza su una pianta a croce latina che si estende da levante a ponente. Con i suoi 118,5 m di lunghezza e 82 m di larghezza, la basilica di Santa Giustina è una delle più grandi della cristianità. Settima in Italia per lunghezza dopo San Giovanni in Laterano, era la chiesa più grande dello Stato della Serenissima Repubblica. L'imponenza dell'edificio si misura con il grandioso invaso del Prato della Valle, su cui si affaccia.
Sorta sull'ordine composito, Le tre principali cappelle, che sono il presbiterio col coro, e le due dei santi Luca e Mattia che formano il transetto della basilica, concludono entrambe a semicircolo e sono affiancate da due cappelle ciascuna concluse sempre con abside semicircolare. Lungo le navate, si aprono dodici cappelle minori a pianta quadra, sei per parte. I 26 grandiosi pilastri sostengono la copertura a cupole prive di tamburo, volte a botte e la complessità della crociera illuminata da otto cupole coperte a piombo: quella centrale, con la lanterna, è alta quasi 70 m ed è sovrastata dalla statua di rame, rivolta alla città, raffigurante Santa Giustina, alta circa 5 m. Gli ampi catini interni alla crociera furono eretti su suggerimento di Vincenzo Scamozzi verso il 1605 per rendere perfetta l'acustica dell'edificio.
Il pavimento della basilica fu gettato tra il 1608 e il 1615 su disegno geometrico, con marmo giallo, bianco e rosso. Vi sono pure molti brani di marmo greco, proveniente dalla basilica opilionea.
La facciata, incompiuta, si innalza su un crepidoma che porta ai 3 portali chiusi da moderni battenti bronzei. Sulle ruvide pareti si aprono un grande rosone ed alcune più piccole aperture, più quattro nicchie vuote su cui sono state collocate, in occasione del Giubileo del 2000, altorilievi raffiguranti gli Evangelisti. Per la facciata in passato erano state proposte più soluzioni di compimento: le ultime furono quelle di Giuseppe Jappelli. Disposti a destra e sinistra in modo simmetrico a precedere la facciata, due grandi grifi stilofori di età romanica, già parte della vecchia facciata della basilica.
L'imponente fiancata, rivolta a nord, mostra la complessità dell'edificio: le navate, le finestre termali, i grandi rosoni l'intervallarsi del cotto alla pietra bianca.
Sei del posto? Cosa ne pensi di Abbazia di Santa Giustina?
Loggati per suggerirlo!