La sua posizione in vista fa sì che abbia un carattere meno austero e di conseguenza meno militare. A differenza delle altre porte realizzate in pietra arenaria, ha un bellissimo prospetto in marmo bianco rosato di Zandobbio; la monumentalità della porta è aggraziata dalla presenza delle semicolonne toscane, dalle modanature, e dai due pinnacoli che sovrastano la facciata. Porta San Giacomo dominava il “Campo di Sant'Alessandro” che era la sede della famosa Fiera di Sant'Alessandro e attualmente risulta essere il centro della città bassa. Per questa porta si fa il nome dello Scamozzi, ma l’attribuzione pare improbabile; la porta antica, secondo il progetto dello Sforza Pallavicino, doveva trovarsi più vicino alla piazza Mercato delle Scarpe, ma già avrebbe comportato l’erezione di un viadotto di ben sedici pilastri e la distruzione di molte case. Il Lorini la collocò invece nel sito attuale dove per la sua costruzione si distrusse parte della casa Brembati. Nel dicembre 1565 era ancora in funzione la Porta Antica di San Giacomo; possedeva un ponte levatoio ed era molto vicina al fianco del baluardo di San Giacomo. Molto piccola e stretta, non permetteva ai soldati di starvi comodamente a guardia. Nel 1800 l’attuale porta è stata parzialmente demolita per ragioni di viabilità (realizzazione del viale delle mura). Il netto spigolo che compare nella cortina posta a Nord della porta, indica la posizione precedente della porta stessa.
Porta San Giacomo ereditò il nome di una chiesa demolita nel 1561 e ricordata da una croce di pietra visibile sopra il toro delle mura nel fianco del baluardo verso la porta, che è chiara e monumentale, senz’altri ornamenti che non derivino dall’aggetto delle semicolonne toscane e dal disegno delle modanature, oltre al leone di San Marco nel riquadro sopra la trabeazione; liberata nell’800 dalle costruzioni che le stavano alle spalle, conserva solo il plastico fronte marmoreo, il quale, più che sulla strada diretta a Milano e ai centri della pianura, si direbbe alzato per essere ben visibile dal prato di Sant'Alessandro, lì sotto, un vuoto tra i due borghi che per secoli fu luogo di importanti fiere annuali e più tardi il ritrovo cittadino più frequentato e che solo nel ’900 andò riempendosi di case. L’uso di costruire la fronte più ornata delle porte cittadine verso l’esterno qui si trova esaltato dalla posizione topografica e qui si manifesta la doppia valenza delle mura, d’essere una chiusura e una difesa, ma anche un balcone, un luogo di parata. Quattro, come i punti cardinali verso i quali sono orientate, sono le porte delle mura fatte costruire da Venezia, nella seconda metà del Cinquecento, in difesa della città fedelissima da eventuali invasioni, come quelle patite all’inizio del secolo e che non più si verificarono. Tre di esse portano il nome dei santi patroni delle chiese che si dovettero demolire, insieme a centinaia di case, per l’ampliamento della cerchia; la quarta il nome di quella risparmiata e ancora esistente, di Sant'Agostino. Il turista che sale in città alta con il filobus di Colle Aperto, varca quest’ultima e tocca quelle di San Giacomo e di Sant'Alessandro, e dallo spiazzo di Colle Aperto può vedere giù in fondo al verde declivio quella di San Lorenzo, dalla quale si diparte la strada per la Valle Brembana. Le attuali parte, sebbene non tutte con gli stessi nomi, come vedremo, ripetono nel numero quelle già esistenti della cerchia precedente e munite ciascuna di un torrione, e, probabilmente, quante furono fin dall’origine, nella prima cerchia romana. Mosè del Brolo, nel suo poema il Pergaminus, scritto intorno al 1112 in lode di Bergamo, dice che la nostra città conteneva tre colli (quelli di San Giovanni, del S. Salvatore e di Sant'Eufemia) e aveva quattro porte: “Quator Urbs oris, portis patet ipsa quaternis, interius grummis, ceu diximus, edita ternis”. La stessa divisione, come ricorda il Mazzi, del nostro territorio nelle quattro “Factae portarum”, di San Lorenzo, cioè, Sant'Alessandro, Santo Stefano (poi San Giacomo) e di Sant'Andrea (poi Sant'Agostino), “ebbe per base anche le vie di comunicazione che istintivamente le diverse parti del nostro contado mantenevano con la città”. Così il nostro più antico statuto, fra le disposizioni risalenti fino al secolo XII, contiene anche quella “di assettare e di migliorare le vie delle Porte di Santo Stefano, Sant'Andrea, San Lorenzo, e Sant'Alessandro”. Non sappiamo quando incominciarono ad essere in numero di quattro queste porte, né come si denominassero prima che sorgessero nelle vicinanze o nelle dipendenze le basiliche o le chiese che poi diedero ad esse il nome; ma il Mazzi giustamente ritiene che dovessero esistere nello stesso numero già nella cerchia romana e che si denominassero probabilmente dai punti cardinali al quali erano volte, se due di esse, quelle verso la città bassa, di Santo Stefano (ora San Giacomo) e di Sant'Andrea (ora Sant'Agostino) continuarono ad essere chiamate rispettivamente di mezzodì e di levante. Sappiamo solo con certezza che esse furono più volte abbattute e ricostruite, insieme alle mura, durante le invasioni medioevali, come è ripetuto nei diplomi dei vari dominatori, a incominciare da quello di Berengario del 909. Delle mura antiche, che erano interrotte da torrioni merlati, non rimangono che poche vestigia presso Porta Dipinta, sotto il monastero di Santa Grata e in via Vagine. Una cinta molto più ampia, ormai del tutto scomparsa, formata da un’alta muraglia interrotta da torrioni e recinta da canali d’acqua, serviva a difendere i borghi.
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