Quando il Comune di Bergamo decretò nell’anno 1548 che dovesse nello spazio antistante alla chiesa di San Pancrazio erigersi una fontana di pubblico uso, quella piazzetta era già definita nella forma planimetrica odierna. Tutt’attorno si elevavano edifici quasi tutti coevi sorti nel secolo XV: ad est la chiesa ricostruita intorno al 1450 e consacrata nel 1474, a nord la casa, fra due antiche stradette, ad ovest l’edificio già sorto sulle strutture della corte regia longobarda, a sud la casa di cui rimangono le tracce delle due targhe murate in alto, uno stemma e un simbolo bernardiniano col motto gotico francese della metà del Quattrocento. La piazza doveva avere così un’unità armoniosa di murature in pietra e di nobili forme. L’artista che ebbe l’incarico dal Comune per quest’opera, col tracciare la pianta quadrata della fontana si uniformò così alla planimetria del luogo. Intorno alla metà del Cinquecento, quando il Comune prese la deliberazione per questo lavoro, l’artista più noto in città per belle opere compiute (Casa dell’Arciprete, chiesa e cortile di San Benedetto, Palazzo Sozzi in via Arena, il ricostruito Palazzo della Ragione dopo l’incendio del 1513 e la casa Grataroli di via Pignolo) era l’architetto Pietro Isabello detto Abano. Forse perché l’Isabello era già in tarda età nel 1548 o forse perché il figlio suo Leonardo, lavorando con il padre nel Palazzo della Ragione dal 1538 al 1543, aveva dato segno di notevole capacità nell’arte, parve opportuno al Comune affidare a questi l’opera decorativa di questa bella piazzetta. Una scritta incisa sul plinto tondo sopra l’acqua porta visibili le lettere "…lli Archit. Inventum". Le lettere antestanti furono corrose dalle scalpellature fatte più tardi per la posa dei due ferri orizzontali reggenti i secchi. La linea architettonica della elegante costruzione è definita dalla stele centrale che sostiene, con un sopralzo a sagoma inflessa cinquecentesca ornato di fogliami scolpiti, una tazza superiore circolare decorata nella superficie inferiore di quattro mascheroni in rilievo di gusto quasi medioevale a occhi sporgenti che gettano dalle bocche quattro zampilli ricadenti nel bacino quadrato. Da questa tazza si innalza un finale reggente una più piccola vaschetta terminale che a sua volta fa ricadere l’acqua nella tazza circolare. Originale è certamente questo finale di coronamento, purtroppo mutilato, che raggruppa quattro figure scolpite di animali fantastici mancanti ora delle teste (forse arpie) le cui ali, mutate in ornati, si adagiano una contro l’altra formando un gruppo simmetrico dei quattro animali allegorici. Nell’esame dell’opera sorprende il fatto che nel centro dei parapetti di base in marmo di Zandobbio sia scolpita in rilievo sui quattro lati una targa indubbiamente settecentesca, cioè posteriore di due secoli all’opera originaria. Non è spiegabile il fatto se non pensando che, forse costruiti questi parapetti in origine in arenaria anziché in marmo, si siano consunti nel tempo e siano stati rifatti con la forma primitiva del secolo XVIII ma con l’aggiunta degli stemmi. Che poi la fontana abbia avuto altri restauri è visibile dall’essere state incise nell’angolo sinistro a sud le parole: ”Refecta Anno MCMXXI” e sul simmetrico, in tempi vicini a noi, le lettere “A.IX E.F.” (Anno IX Era Fascista).
Sei del posto? Cosa ne pensi di Fontana di San Pancrazio?
Loggati per suggerirlo!