La chiesa di San Vincenzo Martire ha una storia molto antica, che ha interessato l’ area urbane circostante fino al Seminario vescovile. Fu fondata agli inizi del sec. XII ed era citata nelle cronache degli anni 1123, 1132 e 1145, fino ad essere menzionata nel rogito di Azone da Vigoleno del 17 dicembre 1219; nel 1278 da Giovanni Bussio, canonico della cattedrale, riscattò la “rovinosa e povera chiesa” sopravvissuta come commenda, ottenendone il pieno dominio, e la ricostruì con l’ingresso verso ponente; fu posta sotto il patronato dei nobili Porta. Si tenga presente che Gregorio X Visconti piacentino, grande animatore e rinnovatore della chiese piacentine, morì nel 1276. Entrambe le versioni della chiesa antica avevano l’abside rivolta a est, secondo la tradizione medioevale, e quindi avevano il fianco parallelo alla strada antistante denominata di S. Salvatore, oggi via G. B. Scalabrini.
La chiesa nel suo aspetto attuale fu iniziata nel 1595 dai Teatini di Piacenza, essendo rettore il napoletano padre Salvatore Cesarano, su progetto del teatino napoletano Pietro Caracciolo, ancora piuttosto giovane, che negli anni precedenti aveva avuto un ruolo determinante nella progettazione della ricostruzione della basilica teatina di San Paolo Maggiore di Napoli, iniziata nel 1581 e consacrata nel 1603; aveva collaborato con l’altro celebre architetto teatino Francesco Grimaldi, che soprintese alla chiesa principale di Sant'Andrea della Valle a Roma. Il progetto del Caracciolo, come è stato indicato da Bruno Adorni nel 1986 e poi recentemente evidenziato da Anna Coccioli Mastroviti, fu utilizzato anche nella ricostruzione della chiesa teatina di Santa Cristina di Parma, incoraggiata nel 1649 dalla duchessa Margherita Aldobrandini.
La chiesa teatina di Piacenza fu consacrata dal vescovo Claudio Rangoni nel 1612, proprio nel luogo dove esisteva la duecentesca chiesa di San Vincenzo, ancora in attività e adiacente al secondo chiostro di Sant'Antonino. Il 29 giugno 1612 si aprì per la prima volta il “nuovo assai magnifico Tempio de’ Clerici Regolari Teatini” alla presenza del vescovo Rangoni. Il convento era articolato intorno a due chiostri: quello minore sul fianco della chiesa nel centro della casa di abitazione dei “secolari” (ora sede di uffici comunali) e quello maggiore dei padri adiacente al coro della chiesa, con l’oratorio del Collegio dei Mercanti sul lato est e il refettorio sul lato ovest.
Sulla via di S. Salvatore, che era la seconda via Romea parallela all’altra da Porta San Lazzaro a via Borghetto, sorgevano già altri complessi conventuali con chiese: San Maria della Pace (1589) benedettino, Santo Stefano concesso ai Barnabiti pochi anni prima per la cura degli orfanelli, San Maria della Neve (1492) pure benedettino, Sant'Anna (1334) dei Servi di Maria, la chiesa parrocchiale di San Paolo (del sec. IX, con facciata ricostruita nel 1686 e interno abbellito negli anni successivi). La chiesa di San Vincenzo però risulta la più grande e la più artisticamente dotata.
Dunque le vicende della chiesa di San Vincenzo sono collegate all’insediamento dei Chierici Regolari Teatini, chiamati dal teatino Paolo Burali d’Arezzo, discendente della nobile famiglia trasferitasi a Napoli al seguito del re Ladislao d’Angiò, laureato in giurisprudenza a Bologna, avvocato del foro napoletano e ambasciatore di Filippo II, che entrò nell’Ordine teatino a 46 anni; fu vescovo di Piacenza tra il 1568 e il 1576 e poi cardinale di Napoli. Fervente fautore della controriforma cattolica, volle chiamare a Piacenza nel 1571 i Chierici Regolari, dopo aver ottenuto il consenso del duca Ottavio e del card. Alessandro Farnese, che era protettore dell’Ordine dei Gesuiti e stava costruendo la chiesa del Gesù a Roma. Egli soppresse l’antica parrocchia di San Vincenzo, ripartendo la cura delle anime tra le parrocchie adiacenti e attribuendo tutte le rendite ai Teatini, che si stabilirono nelle case circostanti alla chiesa avuta in dono. Per qualificare al massimo il nuovo insediamento il vescovo Burali aveva chiamato Andrea Avellino, che aveva appena diretto la casa teatina di Milano voluta dal card. Carlo Borromeo, e, tra gli altri, due confratelli dottissimi in lettere antiche e in teologia, il romano Giovanni Battista Vivaldo e Giuseppe Barbuglia coltissimo, devoto e umile, poi rettore della Casa di Napoli.
Anche il vescovo Claudio Rangoni (della famiglia dei marchesi di Roccabianca e Zibelllo), vescovo di Piacenza dal 1597 al 1619, ebbe stretti rapporti con l’arcivescovo di Milano, il card. Federico Borromeo. Come si era compiuta la forte amicizia tra il cardinale Carlo Borromeo e il cardinale teatino Beato Paolo Burali in nome della piena osservanza dei dettami del Concilio di Trento, così vent’anni dopo si stabiliva un rapporto preferenziale tra i due prelati piacentino e milanese per l’attuazione della radicale riforma postconciliare. Per questo l’ attività del vescovo Rangoni è di assoluto rilievo: l’incentivazione estrema del culto della Madonna (a Piacenza fu istituito il caratteristico culto della Madonna del Popolo in Duomo nel 1612), l’importazione massiccia e acritica di numerose reliquie di santi, a cui poi venivano dedicati nuove chiese e nuovi altari con rispettive opere di iconografia artistica, l’insediamento delle Cappuccine, Ordine delle Clarisse fortemente appoggiato da San Carlo e quindi favorito dal vescovo Rangoni, prima nei locali del Seminario e poi nel 1614 nella chiesa e nel convento di San Carlo Borromeo, canonizzato con grande enfasi appena quattro anni prima; avvenne nel 1612 l’inaugurazione della nuova chiesa di S. Vincenzo dei Teatini, Congregazione che diede un fondamentale contributo alla controriforma e si distinse nell’assistenza alla popolazione durante la micidiale peste del 1630.
I Teatini di San Vincenzo ebbero un ruolo primario anche nelle origini del Seminario vescovile, poichè i primi 24 chierici riuniti dal vescovo Burali nel 1569 per una accurata formazione erano ospitati nel palazzo Marazzani già Rossi proprio davanti alla chiesa di San Vincenzo; poi egli fece costruire un apposito edificio sull’area dove esistevano case di proprietà della chiesa di San Vincenzo, che fu poi ampliato dai vescovi Alessandro Cristiani e Gregorio Cerati benedettino, a cui si deve il palazzo del Seminario nella condizione attuale.
L’attività dei teatini a Piacenza fu ininterrotta fino al 1810, quando il convento fu soppresso per il numero dei confratelli esiguo rispetto alle enormi risorse e agli spazi; i beni e la chiesa furono requisiti e confluirono, insieme a quelli di altri trentacinque conventi, nel demanio statale, ma nel 1819 furono messi all’asta e acquistati da un privato per passare l’anno seguente nel possesso di Gaetano Lanati, canonico di Sant'Antonino, che nel 1822 ottenne dalla duchessa Maria Luigia l’autorizzazione a riaprire al culto la chiesa. Dopo la morte del canonico Lanati, mons. Domenico Cigala Fulgosi, prevosto di Sant'Antonino e protonotario apostolico, acquistò dal demanio pubblico anche il convento, lo risanò e vi chiamò i Fratelli delle Scuole Cristiane, di cui fu benefattore, i quali iniziarono la loro attività educativa nel 1843. Il successo di questo istituto formativo richiese, a discapito dell’edificio originario, notevoli ampliamenti, che iniziarono nel 1912 con la costruzione del complesso allineato sulla via San Vincenzo e si conclusero con il corpo verso via G. Landi, entrambi pervenuti nelle forme attuali, pur con modifiche successive negli anni Trenta. La florida attività educativa dei Fratelli delle Scuole Cristiane cessò nel 1972 e poco dopo tutto il complesso fu acquistato dal Comune di Piacenza, che dopo trent’anni di oblio, in soli due anni di lavori di risanamento e restauro e di adeguamento funzionale, ha fatto rivivere la chiesa, nobilitata ad auditorium musicale con attrezzature tecnologiche d’avanguardia, conviventi rispettosamente con lo spazio monumentale. Dopo aver sistemato il tetto, maturarono alcuni eventi riguardanti il Teatro Municipale, che imponevano la disponibilità di uno spazio maggiore funzionale, per cui il Comune di Piacenza prese la grande decisione: risanare e restaurare con fondi comunali e ministeriali la chiesa per renderla un luogo per prove e concerti dell’Orchestra Cherubini, fondata e diretta da Riccardo Muti; un restauro meticoloso, eccellente nei risultati sia per le pitture murali sia per le strutture architettoniche sia per gli impianti tecnologici e audiofonici.
Oggi è una meraviglia entrare, un piacere prolungato stare in poltrona e girare gli occhi sull’universo dipinto, un godimento intenso ascoltare la musica dal vivo in un tempio rinato. Si era giunti sull’orlo di quel precipizio, che in altri non pochi casi ha inghiottito molte chiese e conventi e molti beni culturali, che in Italia tanto abbondano sempre e comunque tanto che vengono lasciati cinicamente deperire. Ma il miracolo è stato compiuto.
Infine con l’aiuto della Fondazione di Piacenza e Vigevano, il Comune ha inserito la Scuola Media ”G. Nicolini” a indirizzo musicale nel corpo sud e ha iniziato il recupero dell’ala su via San Vincenzo, già adibita a Scuola e Collegio.
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