A Milano ci sono angoli defilati con inaspettate meraviglie. Il Vicolo dei Lavandai ricorda, con un pizzico di nostalgia, una città dal sapore un po’ romantico. Sul Naviglio Grande, in prossimità della Darsena di Porta Ticinese, lo storico vicolo prende il nome da un antico lavatoio tuttora esistente presso il quale molte donne fino agli anni cinquanta hanno lavato i bucati dei milanesi.
Le strade strette, il Naviglio, i locali caratterizzati da stili, epoche e destinazioni diversi rendono unica e particolarmente affascinante questa parte della città.
Oggi i locali della vecchia drogheria che vendeva sapone e candeggina alle donne impegnate al lavatoio ospitano un ristorante tipico che, con i camini e i soffitti a cassettoni, ha mantenuto intatta l'atmosfera del luogo.Il vicolo è dedicato ai lavandai e non alle lavandaie, perché nell'Ottocento ad occuparsi del servizio di lavaggio erano gli uomini organizzati in una vera e propria associazione.
Infatti, la confraternita dei Lavandai di Milano risale al 1700. Sant’Antonio da Padova è il loro protettore e a lui è dedicato un altare nella chiesta di Santa Maria delle Grazie al Naviglio, ubicata a 100 metri circa dal Vicolo dei Lavandai, lungo l’Alzaia Naviglio Grande.
Al numero 6 del vicolo dei Lavandai si trova inoltre una centrifuga dei primi del 1900, quando ancora non esistevano le lavatrici.
Il ruscelletto (“el fossett” in lingua milanese) è alimentato dalle acque del Naviglio Grande. Un tempo le lavandaie, munite di secchio, sapone, spazzole e candeggina stavano inginocchiate sul “brellin” di legno, strofinando i panni sugli stalli di pietra e ancora visibili nel vicolo. Il detersivo usato dalle lavandaie era costituito dal cosiddetto “palton”, una paste semidensa a base di cenere, sapone e soda.
L’atmosfera del luogo ha ispirato molti scrittori e storici della vecchia Milano, nonché poeti che a questo angolo dell’antica Milano hanno dedicato i loro versi. Da ricordare, per tutti, la poesia “Vicol di Lavandée” di Luigi Cazzetta, vincitore nel 1964 del premio Carlo Porta e a cui sono dedicati i giardini di piazzale Gorini.
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