L'edificio fu commissionato agli inizi del '700 da Giovanni Gaetano Carli e accolse negli anni ottanta di quello stesso secolo la decorazione pittorica di Giuseppe Milani.
Nel 1807, Papa Pio VII acquistò il palazzo dai Carli, lo donò al nipote Scipione Chiaramonti e ne stabilì ammodernamento da parte dell’architetto Tomba. È qui che il pontefice, di ritorno dall'esilio, dimorò durante la permanenza nella sua città natale (1814).
Nel secondo Ottocento si attuarono nuove modifiche: l'apertura di un ingresso su via Sacchi e nuove decorazioni all'interno ad opera di Lucio Rossi.
Dal 1910 è sottoposto alla normativa in merito agli immobili di interesse storico-artistico. Durante la Seconda guerra mondiale subì danni rilevanti a causa dello scoppio di tre colpi di obice sparati dall'VIII Armata contro le truppe germaniche in ritirata e finiti, per errore, sul palazzo.
È tuttora abitato dai pronipoti del pontefice cesenate.
La facciata di Palazzo Chiaramonti è sobria, giacché mai fu portato a termine un progetto più sfarzoso di Tomba, mentre protagonista dell’interno è lo scalone monumentale con affresco dell’Olimpo del Milani; dallo scalone si accede al grande salone di rappresentanza, con dipinti del Milani, tra cui L’allegoria della vita e del giorno sul soffitto, "Venere indica ad Enea e Acate la via per Cartagine" e "Didone accoglie Enea" alle pareti.
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