Alla predicazione di San Pietro Martire seguì l'edificazione di una chiesa a lui dedicata. Al suo posto, tra il 1706 e il 1722, l'architetto F. Zondini realizzò l'edificio che oggi vediamo. Dopo le spoliazioni napoleoniche, il parroco Domenico Bazzocchi raccolse in questa chiesa molti dei dipinti dispersi nella città. È così che oggi San Domenico contiene un numero tale di dipinti da essere definita una 'seconda pinacoteca'. Tra questi, opere dei cesenati C. Serra e C. Savolini (XVII secolo).
Nel luogo dove sorge oggi la Chiesa di San Domenico predicò San Pietro Martire intorno al 1252, poco prima della sua morte; del 1279 è la prima notizia di un convento di frati domenicani e dell’attigua chiesa, che tra 1497 e 1498 venne completamente ricostruita.
Già a fine ‘600 la chiesa si trovava in precaria situazione statica e se ne decretò la riedificazione che portò all’edificio odierno. Il progetto reca la firma di Giovanni Francesco Zondini e i lavori si protrassero dal 1707 al 1727 (la consacrazione era avvenuta nel 1722).
Le soppressioni napoleoniche non risparmiarono neppure il convento domenicano, che venne trasformato in orfanotrofio (fino al 1811). Qui il parroco don Domenico Bazzocchi procedette, fin dai difficili anni della dominazione francese ad una paziente opera di acquisto, recupero e custodia di opere d’arte che rischiavano di andare disperse; la chiesa accolse così, in principal modo, un gran numero di dipinti, tanto da assurgere a specie di “seconda pinacoteca”, appellativo che mantiene simpaticamente ancora oggi. In particolare, molto rappresentati sono i protagonisti della fortunata stagione del ‘600 cesenate, come Cristoforo Serra, Cristoforo Savolini e Giovan Battista Razzani. Detto che, smantellato l’orfanotrofio venne ospitato a San Domenico uno dei principali ospedali cittadini e quindi (dal 1911 a tutt’oggi) una scuola, passiamo alla visita della chiesa.
L’esterno è possente e sobrio, con facciata sormontata da timpano curvilineo e un interessante gioco delle masse. Il luminoso interno presenta decorazioni settecentesche che denotano un tardo gusto barocco; la pianta è longitudinale, con un’unica navata e tre cappelle per lato, con abside semicircolare.
La ricchissima raccolta di quadri ha inizio nella controfacciata, con il Miracolo di Sant'Aldebrando (Cristoforo Serra e Andrea Mainardi, 1678) e il Sant’Ubaldo libera un ossesso (Cristoforo Serra, 1629 ca.) La prima cappella dx presenta Il miracolo di S. Donnino alla presenza dei Santi Carlo Borromeo ed Apollonia (Cristoforo Savolini, 1671), tra i capolavori del geniale cesenate; accanto, piccolo bassorilievo con la Madonna della Neve e, sul pilastro, Annunciazione (G. B. Razzani, 1640 ca.) Nella seconda cappella la Madonna del Latte (XV sec. in ancona del XVI sec.), con I misteri del Rosario (Francesco Andreini, 1725), un San Pellegrino Laziosi risana un cieco (Francesco Mancini, 1720-30 ca.) e una Madonna col Bambino e i santi Francesco, Girolamo, Giovanni Battista e Caterina d'Alessandria (G. F. Modigliani, post. 1602). La terza cappella ospita crocifisso in legno del tardo ‘500, un Eterno Padre (?) (XVIII sec.), Cristo confortato dalla Veronica (Andreini, XVIII sec.), Il compianto su Cristo deposto (XVI sec.) e un Cristo nell’orto confortato dagli angeli (XVIII sec.). La porta laterale destra è sormontata da La Vergine col Bambino e i Santi Anna, Francesco di Sales (Felice Torelli, 1716-17) (il San Carlo Borromeo è un’aggiunta del Milani). Il presbiterio ospita l'organo (XVII sec.), mentre l'altare è del 1846, con coro (1722).
L'abside è ricco di quadri: da sinistra, Adorazione della Croce con Costantino e Sant'Elena (Ascanio Foschi, 1629), Adorazione dei pastori (F. Fenzoni, 1623 ca.), Adorazione dei magi (P. P. Menzocchi, 1573?), al centro; Riposo nella fuga in Egitto (F. Fenzoni, XVII sec.); Consegna delle chiavi (G. B. Razzani, 1628). La porta laterale destra, che dà accesso alla sacrestia, vede una Crocifissione di Francesco Menzocchi (secondo ‘500). La terza cappella sinistra presenta Il martirio di San Pietro da Verona (S. Sacco, 1545), un Santo vescovo e martire (C. Serra, metà anni '60 del '600), nella cimasa; una Madonna del Rosario con San Domenico e supplici (Giuseppe Cesari detto il Cavalier D’Arpino, 1601 ca.); un'Assunzione della Vergine (anonimo di scuola bolognese, XVII-XVIII sec.); il pulpito è del 1733. La seconda cappella ospita il San Domenico in gloria di F. Andreini (XVIII sec.), Cristo in pietà (Biagio d’Antonio da Firenze, fine ‘400), in teca; San Bartolomeo + San Giovanni Evangelista (G. B. Razzani, 1635 ca.) + San Paolo e Cristo benedicente (C. Serra, 1635 ca.); San Martino dona il mantello al povero (Arcangelo Resani, XVII sec.); Ss. Andrea (C. Serra, 1635 ca.) e Giacomo (G. B. Razzani, 1635 ca.). Il seguente pilastro è caricato di una Cena di Emmaus (anonimo XVIII sec.), mentre l'ultima cappella vede un S. Vincezo Ferreri (F. Andreini, 1731).
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