La moda dei caffè si diffuse a Venezia nel corso del Settecento e dalla città lagunare arrivò a Padova, dove a metà del secolo si contavano già molte caffetterie. In una di queste prestava servizio il bergamasco Francesco Pedrocchi (1719-1799), che nel capodanno 1772 aprì una propria bottega nell’area dell’odierno caffè.
L’attività ebbe subito successo e fu continuata dal figlio Antonio (1776-1852), che acquisì alcuni stabili attigui con l’idea di costruire un grande caffè, ispirato alle botteghe austriache. L’opera concepita dal Pedrocchi assieme all’architetto Giuseppe Jappelli fu inaugurata nel 1831; era così splendida che ottenne fama anche all’estero. Fu detto il «caffè senza porte» perché non chiudeva mai, nemmeno di notte: un’usanza continuata finché gli oscuramenti della Grande Guerra del 1915-18 costrinsero a chiuderne le porte al calar della sera. Molti furono gli illustri personaggi, tra cui professori e studenti della vicina università, che lo frequentarono: vanno citati almeno Nievo e Stendhal. L’8 febbraio 1848 l’uccisione di uno studente nella sala bianca diede il via ai moti rivoluzionari europei.
Domenico Cappellato Pedrocchi (1824-1891), figlio adottivo di Antonio, lasciò il caffè per testamento al Comune di Padova con il vincolo della conservazione dello stabilimento affinché «potesse mantenere il primato in Italia».
Oggi il Pedrocchi continua la tradizione proponendo, ai padovani come ai turisti, ricette storiche come il caffè omonimo, a base di menta, o lo “zabaione Stendhal” dalla ricetta segreta. Le sue sale, oggi anche ristorante, sono l’elegante punto di riferimento per incontri, presentazioni pubbliche e banchetti. Ma il Pedrocchi può essere considerato un autentico “teatro del gusto” diviso su due livelli ed elegantemente arredato è cornice perfetta e unica per ogni tipo di evento, da quelli culturali a quelli musicali, dalla banchettistica ai meeting aziendali, dalle feste di laurea ai matrimoni, il tutto con un filo conduttore comune, rappresentato dalla qualità sempre elevatissima ed un’accoglienza all’ospite che non teme confronti.
Il Caffè Pedrocchi fu eretto tra il 1826 e il 1831 su progetto dell’architetto veneziano Giuseppe Jappelli, che accorpò un complesso di edifici preesistenti. La costruzione si sviluppa su tre fronti, due dei quali su opposte piazzette mentre il terzo lungo via VIII Febbraio. Visto dall’alto, il complesso ha forma di un pianoforte a coda la cui tastiera si apre ad abbracciare piazzetta Pedrocchi grazie a due avancorpi di logge doriche, controllate da leoni in pietra (scultore Giuseppe Petrelli).
Una loggia corinzia caratterizza il piano superiore. Verso il lato opposto il caffè si prolunga, con loggetta, verso il Municipio e l’Università, affiancato dal «Pedrocchino», completato nel 1838 in stile neogotico. Le sale al piano terra prendono nome dal colore della tappezzeria e presentano arredi originari disegnati dallo Jappelli (tranne il bancone bar, sostituito nel 1950): la sala rossa, decorata da carte geografiche, e le sale bianca e verde. L’apertura delle sale superiori (accesso dall’esterno) avvenne nel 1842. I salottini si ispirano a epoche diverse: vi sono la sala etrusca; l’ottagonale sala greca, affrescata da Giovanni De Min; la grande sala Rossini destinata alla musica; e poi le sale ercolana, rinascimentale, egizia e quella romana, decorata da Ippolito Caffi con splendide vedute di Roma. Altre sale ospitano il Museo civico del Risorgimento e dell’Età contemporanea.
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